Sbigottiti d’Egitto

Tutte le speranze affidate alla missione di Bernardino

Se alle Nazioni Unite sono convinti di riuscire ad ottenere una soluzione politica della crisi libica, l’Italia sarebbe pronto ad assumere la guida dell'iniziativa, per lo meno è quanto si comprende da ciò che ha detto al Consiglio di Sicurezza il Rappresentante Permanente del nostro paese, Sebastiano Cardi. “Siamo pronti a contribuire al monitoraggio di un cessate il fuoco e al mantenimento della pace, pronti a lavorare all' addestramento delle forze armate in una cornice di integrazione delle milizie in un esercito regolare e per la riabilitazione delle infrastrutture”, qualcosa del genere è quanto ha fatto l’America in Iraq prima di ritirarsi dopo 10 anni, noi dovremmo invece ancora scendere sul campo, cosa che è più facile da annunciarsi che da farsi, soprattutto se “il tempo non è infinito, e rischia di scadere presto”, come ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che teme addirittura di pregiudicare “i fragili risultati raggiunti” dalla mediazione Onu sostenuta dall'Italia. In questo caso ci sarebbe da capire quali sarebbero questi fragili risultati, considerato che lo stesso ministro Gentiloni domenica scorsa, parlando a Sky aveva detto che la missione del rappresentante dell'Onu per la crisi libica, Bernardino Leon, era semplicemente fallita. Leon ha lavorato in questi mesi per raggiungere un accordo politico tra le fazioni che attualmente dividono il potere in Libia perché si arrivi a un governo di unità nazionale. Fino a quando non è comparsa la bandiera dell’Isis su Sirte, queste parti non si sono mai volute sedere ad un tavolo comune. Dopo che l’Isis è giunta a Sirte, Leon ritiene che le distanze non siano più insormontabili. Gli unici che sono e restano convinti della necessità di un intervento militare sono gli egiziani che hanno subito martellato e continuano a martellare i jihadisti fino ad aver compiuto un'incursione via terra, fino a Derna, uccidendo 155 combattenti e catturandone ben altri 55. Gli egiziani che sono piuttosto sbigottiti hanno insistito affinché venga quantomeno revocato l'embargo sulle armi per il governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale, cioè quello ridotto ad operare da Tobruk poiché a Tripoli la fa da padrone un governo 'parallelo' formato dalle milizie islamiche. Leon ha sicuramente le informazioni sufficienti per ritenere che queste due entità possano trovare un’intesa. Per il momento è più plausibile che una faccia fuori l’altra, tanto che gli egiziani vorrebbero armare Tobruk che di Tripoli non si fidano. Un giudizio su una situazione tanto incerta rischia di essere al momento pregiudiziale, possiamo solo sperare che abbiano ragione all’Onu e torto al Cairo. Nel caso fosse invece l’inverso servirebbe che Leon si accorgesse in fretta dell’errore per cambiare l’impostazione della missione condotta finora. Possiamo infatti credere in tutto fuorché che il destino della Libia lo assicuri solo l’esercito egiziano, che mentre noi scriviamo e discutiamo, combatte.

Roma, 19 febbraio 2015